La pubblicazione esamina La zona d’interesse (2023) di Jonathan Glazer concentrandosi sull’uso radicale del suono come secondo livello narrativo, parallelo e complementare alle immagini. L’analisi mostra come la sceneggiatura articoli due storyline: la quotidianità domestica della famiglia Höss, visibile sullo schermo, e la realtà del genocidio che si svolge oltre il muro di Auschwitz, percepibile unicamente attraverso una complessa architettura sonora. L’insistenza del termine “sound” e delle indicazioni off-screen all’interno dello script – 32 occorrenze in 76 pagine, un rapporto eccezionalmente alto rispetto ad altre sceneggiature contemporanee – rivela la centralità del suono non come semplice elemento tecnico, ma come dispositivo drammaturgico che costruisce la tensione etica del film. Attraverso descrizioni dettagliate e disturbanti degli orrori fuori campo, Glazer definisce una strategia narrativa che restituisce la banalità del male con potenza sensoriale, facendo del suono la vera zona d’interesse. Il testo mette così in luce come l’intero impianto sonoro, premiato con l’Oscar nel 2024, sia già inscritto nella scrittura, radicato nel concept originario e determinante per la costruzione morale e percettiva dell’opera.