Il termine rivoluzione verde si riferisce ai mutamenti dell’agricoltura mondiale avvenuti a partire dagli anni ’60 del secolo scorso. I massicci investimenti nella ricerca agronomica e genetica, unitamente alla meccanizzazione dell’attività agricola e all’impiego di fitofarmaci e fertilizzanti di sintesi, rivoluzionarono il settore primario e determinarono un rapido aumento della produttività agricola. Insieme ai progressi in campo medico, la rivoluzione verde è causa primaria della rapida crescita della popolazione mondiale avvenuta nel corso del ‘900. La repentina trasformazione dell’agricoltura in un’attività industriale ha generato conseguenze positive diffuse, in primo luogo la maggiore disponibilità di cibo a prezzi molto più bassi. Accanto ai vantaggi, tuttavia, esistono anche limiti e conseguenze negative. Dati i limiti della prima rivoluzione verde, il dibattito pubblico internazionale si interroga in modo sempre più insistente su come trovare un equilibrio tra la crescente domanda alimentare globale, spinta dall’aumento della popolazione, e la necessità di preservare le limitate risorse del nostro pianeta (Horlings e Marsden, 2011). Cresce la necessità di una seconda rivoluzione verde, capace di risolvere le problematiche attuali e garantire uno sviluppo equo e rispettoso dell’ambiente. In tale contesto, l’innovazione sociale trova spazio nel settore primario. Gli attributi tipici dell’innovazione sociale, intelligenza, sostenibilità e inclusività, sono anche le parole d’ordine di un modello emergente di sviluppo rurale.