In questo articolo si analizza la critica di Polibio al giudizio di Teopompo su Filippo II e sui suoi hetairoi in VIII 9,1-11,2 (Theopomp. FGrHist 115 T 19, FF 27, 225a), <em>una pagina-chiave nella tradizione che fa della ‘malevolenza’ la caratteristica distintiva della storiografia teopompea. La critica polibiana risulta essere stata stimolata dall’immagine affermata</em> di Teopompo quale storico imparziale e intellettuale autonomo – una doxa con cui Polibio polemizza. Il punto di vista del testimone, tra l’altro, risulta profondamente segnato da una preconcetta, schematica distinzione tra ‘lode’ e ‘biasimo’, che gli impedisce di intendere l’originaria prassi di Teopompo. Lo storico di Chio, polemizzando in modo sottile con la <em>doxa</em> contemporanea di Filippo e dei suoi <em>hetairoi</em>, volendo fornire una rappresentazione completa e attendibile della loro personalità, delle loro azioni e dei rispettivi moventi, de facto spezzava lo schema encomiastico/epidittico secondo cui la grandezza di un’impresa è la naturale conseguenza e, al tempo stesso, la prova evidente della grandezza etica del suo artefice.