Negli scritti critico-teorici, Henry James instaura un rapporto analogico tra la letteratura e le arti visive, ossia pittura, architettura e teatro. Egli fa suo ora il linguaggio dell’architetto ora quello del drammaturgo e ritorna con insistenza sul problema della ‘rappresentazione’ e sulla necessità ineludibile per il romanziere di rappresentare. Le metafore architettoniche vengono utilizzate dall’autore per precisare la sua idea di romanzo come un’arte, con regole altrettanto rigorose quanto quelle delle altre arti. James instaura queste analogie per legittimare le aspirazioni artistiche del “novel”, per rivendicare al romanzo la dignità e lo statuto di opera d’arte.