Il saggio è volto a criticare la riforma operata dal d.lgs. 32 del 2014 che ha dato attuazione alla direttiva 2010/64/UE. Se uno dei punti qualificanti della fonte eurounitaria è la previsione di una garanzia istituzionale di qualità dell'assistenza linguistica attraverso la creazione di appositi registri di interpreti e traduttori giudiziari, il legislatore italiano non ha dimostrato alcuna sensibilità sul punto e se l'è cavata con un approccio meramente burocratico e formalistico a un problema che risulta invece drammatico nella prassi dei tribunali italiani.