Il saggio ricostruisce la posizione complessiva di Gramsci nei confronti della letteratura dimostrando come grazie al concetto di nazionale-popolare egli riuscisse a prendere le distanze sia dalla letteratura artistica, di cui stigmatizza l’insincerità e l’autoreferenzialità, sia da quella definita popolare, di cui coglie l’arretratezza. Il saggio documenta, inoltre, come Gramsci venisse mettendo a punto una moderna idea di letteratura, popolare ma innovativa, funzionale a quel progresso intellettuale di massa che costituiva uno degli obiettivi qualificanti del suo progetto politico e culturale. Una riflessione -analizzata tanto nei suoi presupposti che nelle sue conseguenze- che nasce e si sviluppa sulla base di un vivace confronto polemico con il dibattito critico contemporaneo, grazie cioè al sistematico spoglio delle riviste letterarie che Gramsci grazie a Sraffa continuò a ricevere anche in carcere.