Le città di mare costituiscono dei limina che non sono delle frontiere ma delle
aree di passaggio atte a concentrare energie molteplici. Trieste non fa del tutto
eccezione, però presenta qualche particolarità. Anna Maria Ortese ha scritto che
il mare non bagna Napoli, riferendosi ad alcuni quartieri poveri i cui abitanti non
uscivano mai dai vicoli. Non sarebbe del tutto sbagliato pretendere che il mare
non bagni neppure Trieste o, per lo meno, che si astenga dal bagnare gran parte
della sua abbondante letteratura. Trieste è uno straordinario groviglio. È marittima,
adriatica, sì, ma è per indole proprio terraiola come si suol dire dei tennisti
che apprezzano la terra battuta. Terraiola perché la terra a Trieste ha un significato
che forse il mare non ha. L’autentico terraiolo preferisce rimanere a fondo
campo o addirittura dietro alla linea che ne segnala l’estremità. Non si avvicina
alla rete e se lo fa sarà malvolentieri. Molti scrittori triestini non hanno provato
una grande attrazione per la rete o, almeno, se non giocavano a tennis, per la rete
dei pescatori.