Le vicende della specialità regionale del Friuli Venezia Giulia si possono correttamente comprendere soltanto se calate all’interno della tormentata storia del confine orientale nel Novecento, a partire dall’esperienza asburgica di inizio secolo, al passaggio alla sovranità italiana e fino agli scontri geopolitici che vissero quelle terre nel lustro 1943-1947, rivendicate dagli italiani quanto dai partigiani titini. Nel mentre in cui l’Assemblea Costituente operava le sue scelte, a Parigi si consumava la perdita dell’Istria, di Fiume e di Zara, oltre alla nascita del Territorio Libero di Trieste e allo smembramento della provincia goriziana. Il Costituente fu così costretto ad inventarsi una regione artificiale, unendo il Friuli alla Venezia Giulia, nella (vana) speranza di poter recuperare in futuro le terre perdute e con la contestuale preoccupazione di dover far convivere la presenza di minoranze ed ideologie. Se il resto dell’apparato statale veniva suddiviso in Regioni a statuto ordinario e quattro a statuto speciale, il Friuli Venezia Giulia veniva relegato nelle disposizioni di attuazione della Costituzione, in un limbo di provvisorietà che l’ha resa, in età repubblicana, la più ordinaria delle regioni a statuto speciale.