Entrambi piemontesi e appartenenti al gruppo che aveva formato il nerbo dell’ufficialità dell’esercito, Badoglio (nato nel 1871) e Cavallero (nato nel 1880) erano però diversi per età e percorso professionale, e incrociarono in un primo momento le loro carriere nella Grande guerra. Durante il fascismo Cavallero divenne anello di collegamento tra industria bellica, esercito e ambienti politici, mentre Badoglio, nominato capo di Stato Maggiore Generale, garante dell’esercito e della corona. Cavallero gli succedette dopo le sconfitte della «guerra parallela», per finire «suicida» dopo l’armistizio proclamato dal «nemico» Badoglio.