Forte è la tensione che per vent’anni, dall’avvio nel 1949 del piano Ina-Casa, anima il dibattito politico e disciplinare in Italia. Il progetto di nuovi quartieri apre un ragionamento sull’espansione delle città, in cui gli aspetti qualitativi e quantitativi della dotazione di attrezzature pubbliche e collettive si integrano, nell’intento di dare risposta ai bisogni di una società in trasformazione. Oltre al contributo alla stesura del decreto sugli standard urbanistici emanato nel 1968, ancora più importante appare l’approccio metodologico di quella che oggi può essere riletta come una pratica cumulativa di costruzione di strumenti, progetti e politiche di welfare. Una pratica riflessiva, in cui indagini sociali, produzione di testi ‘manualistici’, soluzioni spaziali e rilettura critica dei loro esiti, formulazione di nuove tecniche e procedure costituiscono passaggi imprescindibili e interrelati.