Il saggio discute criticamene l'ipotesi, da più parti e in diverse forme avanzata, della ri-legittimazione dello stato su basi non rigidamente nazionali. L'avvento di questa nuova compagine (non più Nation-State, ma State-Nation, nelle parole di Linz) favorirebbe la democrazia che, specie negli stati multinazionali, è minacciata dalle politiche nazionalistiche delle élites, e consentirebbe il pieno riconoscimento delle identità multiple. Per quanto plausibile, l'ipotesi presenta elementi di problematicità. Il costrutto dello State-Nation è concettualmente molto debole. Soprattutto, le identificazioni multiple sono ostacolate dal fatto che la nazione è sempre una rappresentazione politico-culturale, ciò che rende potenzialmente antagonisti lo State-Nation e le nazionalità minori. Inoltre la nazione è una rappresentazione che è resa singolarmente compatta (quindi difficile da scompaginare) dalla sua natura marcatamente simbolica, per cui ogni elemento rimanda all'altro; nonché dal fatto che i campi di potere da essa delimitati racchiudono interessi che le conferiscono un potenziale di identificazione straordinario, sia valoriale sia pragmatico. Espedienti quali il power-sharing e il federalismo etnico rafforzano il paradigma nazionale, anziché indebolirlo. Solo politiche genuinamente pluralistiche possono contrastarlo e ridurne la pericolosità.