La categoria romanistica delle "res communes omnium", per quanto sempre più in uso nella pubblicistica ostile alle privatizzazioni dei "beni comuni", è inadatta allo scopo. Infatti, secondo le fonti giuridiche romane, le "res communes omnium", pur essenso insuscettibili di appropriazione privata nella loro totalità, erano passibili di utilizzo esclusivo in singole porzioni, purché ne rimanesse una quantità tale da soddisfare le analoghe pretese degli altri utenti. Il caso più evidente è costituito dal lido del mare, del quale sono analizzate le regole che disciplinavano le forme di appropriazione. La parte finale del contributo discute le posizioni attuali sull'argomento, con possibili soluzioni al problema della conservazione collettiva dei beni comuni