L'art. 2495, comma 2, c.c., come modificato dalla riforma del diritto societario, dispone, con riferimento alle società di capitali (ma con norma da ritenersi applicabile anche alla società di persone) che l'iscrizione della cancellazione della società dal registro delle imprese determina l'estinzione della società stessa. In primo luogo, tale disposizione lascia aperto il problema della tutela dei creditori sociali: ma il ricorso ai rimedi di volta in volta proposti (reclamo avverso il bilancio finale di liquidazione; diritto di opposizione al piano di riparto oppure alla richiesta di iscrizione della cancellazione) non sembra convincente. Contro le estinzioni fraudolente i creditori sociali possono far valere preventivamente i mezzi ordinari di conservazione della garanzia patrimoniale, oppure, successivamente, possono agire nei confronti dei soci e dei liquidatori ai sensi dell'art. 2495 c.c. Da questo punto di vista, e con riguardo ai soci, il legislatore non ha, però, previsto una disciplina delle sopravvenienze passive, e neppure di quelle attive: al riguardo sembra potersi ritenere che tra la società e i soci si verifica, a seguito della divisione del patrimonio sociale, una successione a titolo universale inter vivos. I beni sopravvenuti, pertanto, appartengono in comunione ai soci, in proporzione della quota di liquidazione ricevuta; i debiti gravano solidalmente sui soci, in base al valore effettivo di quanto ricevuto dalla divisione dell'attivo, con possibilità per i creditori sociali di conservare il vincolo di preferenza sul patrimonio con un'azione analoga a quella prevista all'art. 512 c.c. Infine, l'azione che l'art. 2495 c.c. consente nei confronti dei creditori, se in colpa, è lo strumento di chiusura della disciplina dell'estinzione: si tratta di una norma che pare prevedere una vera e propria ipotesi di responsabilità per debito, nel caso di colposa mancata soddisfazione preventiva dei creditori sociali da parte dei liquidatori.