Pienamente inserita all’interno del ricco panorama culturale del Seicento inglese, Anne Conway (nata Finch) è una delle figure chiave all’interno della transizione dal neoplatonismo rinascimentale all’idealismo settecentesco. All’interno di questo percorso intellettuale si situa un netto rifiuto delle due correnti filosofiche prevalenti nel suo ambiente, vale a dire il dualismo di matrice cartesiana e il materialismo di Hobbes. Per contro, la filosofia di Conway opera un sincretismo originale e unico tra fonti diverse, incluse tradizioni di natura religiosa quali la Kabbalah ebraica e la spiritualità quacchera, per proporre una critica radicale al monismo panteista e al materialismo meccanicistico. La sua difesa dell’alterità divina, della semplicità mereologica di Dio e dell’incompatibilità di questa semplicità con l’eventuale materialità di Dio o la sua mutabilità si cristallizzano nell’elaborazione filosofica della monade come principio attivo. Per contro, Conway elabora invece un pensiero che vede nella comune radice spiritualista l’unica difesa possibile del monismo, e nella purificazione attraverso la sofferenza l’orizzonte essenziale della morale e della teleologia. Dal punto di vista metafisico, la teoria di maggior importanza proposta da Conway consiste in un monismo spiritualista, che unifica tutte le forme dell’essere nella loro comune origine spirituale, e che vede la materia come un risultato del peccato originale e della caduta. La comune origine di ogni cosa, tuttavia, non si riduce ad un monismo singolarista, che identificherebbe Dio e le creature. Conway, invece, difende una teoria triadica dell’essere, distinguendo Dio (colui che non ammette cambiamento) da Cristo (colui che ammette cambiamento, ma solo in direzione ameliorativa), ed entrambi dal creato e dalle creature (che ammettono cambiamento sia in senso positivo che negativo). Questa complessa nozione di cambiamento viene sviluppata, secondo Conway, in relazione alla giustizia distributiva dell’elemento divino, ed è dunque connessa a concezioni etiche dell’organizzazione metafisica del reale. Fedele al proprio impianto di base platonico, Conway associa la caduta degli spiriti alla loro trasmutazione in corpi, e ne prevede un escatologico esito spirituale, a sua volta garantito dalla giustizia divina e dalla loro trasformazione etica