Ricca e molteplice fu l’attività di traduttore di Pindemonte, dai moderni (specie dagli inglesi), ma soprattutto dai classici, latini e greci (il cui apice costituisce notoriamente la versione dell’Odissea), attivo in quella Verona che nel Settecento fu fucina di traduzioni e capitale del partito della «fedeltà» all’originale, secondo un’idea di traduzione elaborata da Scipione Maffei, alfiere e riconosciuta autorità del classicismo veronese. L’idea di traduzione di Pindemonte mostra un progressivo affrancamento da un modello autorevolissimo, e fortemente condizionante se non vincolante in altri apprezzabili traduttori veronesi, quale fu appunto Maffei, da lui peraltro assunto con discrezione, il cui approdo, ponderato e convinto, fu un’idea di traduzione come ricreazione, consentanea a quella di Cesarotti e di Monti.