Il contributo mira a illustrare sia alcuni problemi che, nella traduzione giuridica tra italiano e inglese, sono connessi con la ricerca di termini di arrivo che siano il più possibile concettualmente equivalenti ai termini di partenza, sia le tecniche traduttive impiegate per risolverli. I problemi oggetto del contributo risultano dalla contrapposizione common law/civil law ma sono anche collegati all’uso dell’inglese come lingua franca del diritto che viene impiegata per di più da parlanti non aventi l’inglese come prima lingua d’uso. I gradi di equivalenza concettuale tra termini italiani e traducenti inglesi che verranno presi in considerazione sono quattro: l’equivalenza sostanziale (le corrispondenze tra termine nel sistema di partenza e termine in quello di arrivo sono caratterizzate da un'ampia area di sovrapposizione), l'equivalenza parziale (le corrispondenze sono meno ampie), la corrispondenza funzionale (utilizzo di un traducente che indica un'istituzione o una figura che svolge una funzione affine nel sistema di arrivo) e la corrispondenza stipulativa (il traducente è il risultato di una proposta del traduttore per via dell'assenza di un concetto giuridico corrispondente nell'ordinamento di arrivo). I termini degli esempi che vengono presentati nel contributo provengono dalla traduzione in inglese del Codice di procedura penale, ormai nella sua seconda edizione (Gialuz et al. 2017).