Opzioni
ANALISI DI INTEGRATORITEMPORALI APPLICATI AGLI ELEMENTI FINITI E AL METODO DI PROVA PSEUDODINAMICO
BONELLI, ALESSIO
2001-02-23
Abstract
La corretta valutazione della risposta delle strutture soggette ad azioni dinamiche quali terremoti oppure il vento risulta di fondamentale interesse nell'ingegneria civile. In generale, l'evoluzione di un fenomeno di dinamica strutturale può essere descritta, in modo rigoroso, attraverso la soluzione di equazioni alle derivate parziali su un dominio spazio-temporale, con condizioni al contorno ed iniziali. Risolvere queste equazioni in forma chiusa è, spesso, impossibile, per cui si ricorre alla loro discretizzazione. In genere, tale operazione è effettuata separatamente sulle variabili spaziali e sul tempo. Nell'approccio più diffuso si esegue la discretizzazione spaziale mediante un metodo agli elementi finiti, ottenendo un sistema (semidiscreto) di equazioni differenziali ordinarie nella variabile temporale. T aie operazione è possibile solo se le caratteristiche meccaniche della struttura in esame e la loro variazione a seguito del processo deformativo sono conosciute. Salvo casi estremamente semplici e di scarso interesse applicativo, il sistema semidiscreto non può essere risolto per via analitica, da cui la necessità del ricorso di algoritmi di integrazione numerica. Questo vale già per problemi con comportamento elastico lineare; se sono presenti non linearità di qualunque genere, l'integrazione numerica diviene l'unico metodo utilizzabile, pur risultando, in confronto, molto complessa e laboriosa. Fino ad oggi hanno avuto successo algoritmi step-by-step se/f-starting, basati su procedimenti alle differenze finite, che dal punto di vista computazionale non incrementano l'onere di un problema statico. Negli ultimi anni sono stati sviluppati anche altri procedimenti con qualità superiori rispetto a quest'ultimi, basati su procedimenti variazionali analoghi a quelli usati in statica, pur presentando una complessità di implementazione e soprattutto un'onerosità computazionale che non rendono attraente il loro inserimento nei normali codici di calcolo strutturale. l vari algoritmi proposti possono essere in generale suddivisi in metodi espliciti e metodi impliciti. Gli schemi impliciti necessitano dell'inversione di una matrice complessa per procedere nell'integrazione necessitando di un notevole sforzo computazionale; possono essere tuttavia incondizionatamente stabili e quindi utilizzati con passi d'integrazione elevati. Gli algoritmi espliciti tipicamente non richiedono l'inversione di matrici nella procedura di soluzione con la conseguenza di richiedere uno sforzo computazionale e di memorizzazione minore se comparati agli schemi impliciti. D'altra parte gli algoritmi espliciti sono necessariamente condizionatamente stabili, richiedendo una limitazione sul passo di integrazione che spesso può essere restrittiva. Per questa ragione sono utilizzati in problemi dove l'accuratezza necessaria nell'integrazione richiede un passo di integrazione ridotto, come in problemi di propagazione di onde. In generale, le proprietà fondamentali degli algoritmi possono essere analizzate in modo rigoroso soltanto in problemi lineari. Alcuni algoritmi incondizionatamente stabili in regime lineare, presentano comportamenti patologici se applicati a sistemi non lineari conservativi. Ciò è dovuto principalmente all'impossibilità di integrare esattamente il termine non lineare. La non linearità, nel caso dei metodi impliciti, introduce un secondo problema, puramente computazionale: ad ogni passo di discretizzazione temporale deve essere risolto un sistema non lineare di equazioni; questo richiede l'adozione di un algoritmo di risoluzione iterativo, costituito usualmente dal metodo di Newton-Raphson. Come è noto, la soluzione determinata da tale algoritmo è legata alla scelta del valore iniziale mediante il quale si inizia il processo iterativo. Questa caratteristica spiega le difficoltà di convergenza o la convergenza verso soluzioni spurie che talvolta si manifestano anche nei più semplici problemi modello non lineari. Una delle difficoltà principali che si riscontrano nello studio delle strutture è la modellazione della loro risposta meccanica, che, anche in casi apparentemente banali, può richiedere un'analisi estremamente raffinata. Una valida alternativa è il ricorso alla tecnica ibrida numerico-sperimentale denominata metodo di prova pseudodinamico (PSD), condotta per mezzo di attuatori elettroidraulici. Le forze di inerzia di una struttura e le forze viscose vengono simulate numericamente mentre la forza di reazione viene misurata sperimentalmente. Il metodo può essere inquadrato come una particolare procedura agli elementi finiti nella quale le forze di reazione anziché essere valutate per mezzo di una routine di calcolo vengono misurate sperimentalmente. Le prove PSD permettono di esaminare strutture di medie dimensioni. Il problema principale che si deve affrontare è la necessità di considerare il comportamento della struttura condensato in pochi punti nei quali vengono posizionati gli attuatori. Se la struttura è caratterizzata dall'avere effettivamente le proprie masse concentrate in alcuni punti specifici, almeno agli effetti di una particolare sollecitazione, allora i risultati ottenuti possono ritenersi rappresentativi della risposta reale. Data la sua natura numerica, il test è intrinsecamente collegato ad un integratore temporale, che a seconda del tipo di analisi può essere sia di tipo esplicito o implicito. La natura ibrida del test rende possibile la prova in laboratorio di una parte di una struttura, generalmente il punto critico, simulando numericamente il comportamento della parte rimanente (tecnica della sottostrutturazione). Il test PSD, nella sua implementazione convenzionale, è realizzato mediante una successione di spostamenti della struttura costituiti da rampe e periodi di attesa in cui la struttura è ferma. Recentemente è stata proposto di realizzare il test senza mai fermare gli attuatori, integrando le equazioni del moto della struttura direttamente al passo di campionamento del programma di controllo degli attuatori (test PSD continuo). La nuova tecnica permette l'esecuzione di test molto accurati; introduce tuttavia potenziali difficoltà in presenza di sottostrutture analitiche complesse che possono essere eliminate mediante l'utilizzo di schemi partizionati. Il lavoro svolto nella tesi presenta analisi relative ad algoritmi di integrazione temporale, con riferimento sia alla loro applicazione a procedure puramente numeriche quali il metodo agli elementi finiti, sia al metodo PSD. In particolare, viene presentato lo stato dell'arte degli algoritmi dissipativi sia dì tipo esplicito che implicito e vengono proposte nuove famiglie di integratori. Il lavoro è svolto in due parti. La prima parte è stata dedicata all'analisi degli integratori applicati a problemi numerici. Lo studio è stato concentrato su due algoritmi dissipativi modello di due categorie di schemi di filosofia diversa; in particolare, per gli schemi alle differenze finite è stato scelto il metodo a-generalizzato, mentre per la classe di algoritmi variazionali è stato scelto il metodo time discontinuous Galerkin. Accanto ad una revisione delle proprietà in regime lineare degli schemi suddetti, l'attenzione è stata principalmente dedicata ad analisi teoriche legate al regime elastico non lineare; sono state eseguite sia indagini qualitative generali, sia analisi relative a problemi modello ad uno e due gradi di libertà dei quali è conosciuta la soluzione, quali l'oscillatore di Duffing e il moto di un pendolo. Gli algoritmi sono stati analizzati sia nella loro versione implicita originale, sia in versione esplicita. In particolare, è stata sviluppata una nuova categoria di metodi espliciti a dissipazione controllata, dotata di un buon limite di stabilità ed un'accuratezza del terzo ordine. La seconda parte è stata dedicata all'applicazione degli schemi al metodo di prova PSD. In dettaglio, si sono eseguite analisi sia nel campo del metodo di prova PSD convenzionale, sia nell'ambito della più recente tecnica denominata pseudodinamica continua, nella quale la risoluzione dell'equazione del moto è eseguita all'interno del ciclo di controllo degli attuatori, evitando degli arresti indesiderati nel movimento della struttura. Per quanto riguarda la pseudodinamica convenzionale, gli schemi alle differenze finite studiati nella prima parte sono stati analizzati dal punto di vista della propagazione degli errori, proponendo varie forme di implementazione. È stato inoltre proposto l'utilizzo di metodi secant Newton per identificare la matrice di rigidezza della struttura in esame al fine di migliorare le caratteristiche di accuratezza degli algoritmi. Per validare le analisi condotte, gli schemi sono stati poi implementati e sottoposti a prova in laboratorio su una struttura modello in acciaio a due gradi di libertà. Il metodo PSD continuo è stato studiato con particolare riferimento al problema della sottostrutturazione, mediante la quale si può sottoporre a prova in laboratorio solo una parte della struttura in esame, mentre la rimanente può essere simulata numericamente. La velocità della prova introduce infatti difficoltà che, in presenza di strutture analitiche complesse, rendono auspicabile l'utilizzo di schemi diversi sulla parte testata in laboratorio e la parte analitica. Di conseguenza sono state condotte analisi su nuovi schemi di integrazione partizionati, investigando possibili modifiche e miglioramenti. Successivamente gli schemi sono stati implementati e sperimentati in laboratorio su una struttura campione a quattro gradi di libertà, due dei quali sperimentali.
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