Gli statuti dei Porti franchi più evoluti del mondo (Singapore, Hong Kong, Panama, Abu Dhabi, etc.) hanno codificato le regole c.d. immunitarie, che contemplano, cioè, le libertà coessenziali al principio della circolazione delle merci. Altri Paesi hanno emanato leggi interne più ristrette, nelle quali le’immunità delle commercial activities del Porto franco non sembra essere garantita pienamente. In tali casi bisogna ritenere che lex minux dixit quam voluit,cioè che tali leggi vanno interpretate estensivamente riconoscendo anche le altre libertà che costituiscono quel minimun di essenziale “immunità” che devono necessariamente essere presenti in ogni Porto franco. Bisogna, infatti, precisare che gli Statuti dei Porti franchi costituiscono la mera cristallizzazione di regole consuetudinarie, quindi le lacune della regolamentazione legislativa vanno colmate attraverso l’applicazione, in sede di interpretazione estensiva, dei principi consuetudinari in materia, ed in generale, della lex mercato ria, che al pari del Porto franco di Trieste, è considerata da taluno un vero e proprio ordinamento giuridico né statuale, né sovra statuale, ma semplicemente autonomo, che nasce da usi ripetuti, da consuetudini commerciali, da esigenze pratiche: si presenta come un fenomeno che prescinde dalle regole che gli Stati hanno posto. La lex mercato ria ha un proprio sistema di regole che involgono non solo il complesso degli usi del commercio internazionale, ma anche la normativa internazionale uniforme. Si con tranquillante sufficienza puntualizzare che nel Porto franco di Trieste sussiste un fenomenica caratterizzata dalla inapplicabilità di certe regole in ragione di un regime internazionale, segnato da un trattato di rango costituzionalmente privilegiato, cui fa riferimento la classe effettuale immune da ogni sindacato statuale, interstatuale, giurisdizionale, amministrativo, doganale, tributario, che non rinvenga il suo fondamento direttamente nello statuto normativo istitutivo del Porto franco stesso.