I quartieri di edilizia pubblica hanno contribuito a costruire la città europea, andando a comporre ampie parti delle periferie urbane del secondo Novecento. Sorti per perseguire obiettivi fondamentali ispirati a principi di giustizia ed equità, come dare risposta ai fabbisogni abitativi di larghi strati di popolazioni, sono diventati nel tempo problematici, coacervi di criticità spaziali e sociali che li hanno resi luoghi difficili da abitare. La stigmatizzazione di cui sono stati frequente oggetto, inoltre, ha indotto non di rado a delegittimare anche le politiche e i progetti che stanno alla loro origine. Oggi però, molti di quei quartieri si mostrano capaci di aprire nuove riflessioni sull’abitare la città contemporanea e sugli strumenti della rigenerazione urbana, non soltanto per le loro evidenti problematicità ma anche per le differenti potenzialità di trasformazione, espresse nelle localizzazioni, nella molteplicità di tipi di spazio e nelle risorse sociali qui racchiuse.
Tornare a osservare e ri-progettare i quartieri di edilizia sociale offre inoltre l’opportunità di leggere e valorizzare le modificazioni che essi hanno conosciuto col trascorrere del tempo, attraverso le pratiche di ogni giorno degli abitanti e che oggi sono ben inscritte nello spazio, soprattutto in quello aperto. Lasciate andare facili stigmatizzazioni e luoghi comuni e avvicinando il nostro sguardo ai “paesaggi del quotidiano”, si potrà ri-conoscere a queste parti urbane quel ruolo di “laboratorio di progettualità innovative” già sperimentato, in altri modi, nel secolo scorso.