“È evidente che alcune delle più frequenti attribuzioni di immaterialità sembrano tutt’altro che convincenti.
È discutibile, per esempio, definire immateriale il software. A ben guardare il software è una tecnologia, ossia uno strumento cognitivo che in modo diretto e indiretto costruisce, a conti fatti, i mutamenti senza dubbio di natura materiale.”1 Così, circa trenta anni fa, in Reale e virtuale, Tomàs Maldonado introduceva una singolare apertura al pensiero di un autore notoriamente dedito alla fantascienza:“Stanislaw Lem ha elaborato una articolata (e provocatoria) teoria sulle cause e sugli effetti di questa strana predilezione della cultura moderna per i costrutti illusori con funzione vicaria, sostitutiva e addirittura alternativa nei confronti della realtà. Fantasmologia è il nome che, non a caso, Lem ha dato alla sua teoria. Per giunta, egli ha proposto, in stretta connessione con la teoria, anche una tecnica (a essere più esatti una metatecnica): la Fantasmatica”.
Fantasmologia e fantasmatica, pertanto, come ampi dispositivi capaci anche oggi di indagare e distinguere i simulacri dagli eventi stessi. Utili, se non necessari, al confronto di lemmi come spirito e zoo, architettura effimera e monumentale, teatro e deriva, psicogeografie e happening, gabbie e pareidolie.
Il volume raccoglie, in due sezioni, riflessioni sugli strumenti
del confronto progettuale (concorsi, mostre, seminari) e alcuni
risultati del seminario di progettazione “Verona. Spirito | Zoo”.
L’obiettivo di tutto il lavoro è riflettere sulle vie del progetto
nella realtà italiana contemporanea, in particolare nella città
di Verona che propone luoghi monumentali da abitare.
All’architettura e alle sue molteplici strade sono chiesti i modi
e le sensibilità per attivare spazi che sono definiti da diverse
trame della storia e che ancora, e di nuovo, possono partecipare
al disegno e alla vita della città.