Lars Larup, in Villa Prima Facie (Pamphlet Architecture, 1978), riconoscendo nell’aspetto formale del muro il suo valore di archetipica dimora, si sofferma sulla sua caratterizzazione materica, collegandola al mondo fenomenologico: al variare del materiale che lo sostanzia, esso evoca atmosfere e situazioni profondamente diverse. Nell’epoca contemporanea, il costante emergere di termini quali post-umano, trans-specie e non-umano, ha acceso un forte dibattito relativo al distinguo tra domesticità e natura, determinando, conseguentemente, un’alterazione di questo diaframma architettonico, figurante il discrimine fisico e immaginario tra questi due ambiti. Il muro è divenuto, dunque, l’interfaccia liminale su cui dispiegare la sperimentazione per definire un’architettura interattiva, capace di integrare un dialogo multi-specie e di configurare nuove spazialità aperte al dispiegarsi di nuove convivenze. L’articolo intende ragionare proprio sulle operazioni di manipolazione e sperimentazione che si sono succedute, negli ultimi decenni, su questo elemento archetipico, modificandone progressivamente la permeabilità (prima visiva e quindi più concretamente fisica) e intessendo un complesso sistema di combinazioni materiche e relazionali.