Partendo dallo stato dell'arte dell'antropologia applicata ai contesti di accoglienza per richiedenti asilo e rifugiati, l'articolo apre il dibattito sulla possibilità di coniugare ricerca antropologica e sapere professionale nei contesti di prima e seconda ospitalità per migranti. Nell'ambivalente gioco tra trattamento umanitario e regime di controllo, la costante emergenza e precarietà coinvolge sia migranti che personale operativo, mostrando tutti i limiti e la violenza insita nei processi dei vari contesti di accoglienza dove antropologi/he operano con funzioni di mediatore, operatore o coordinatore. Analizzando un caso etnografico di supervisione in una struttura SPRAR si evidenziano le complesse dinamiche di coinvolgimento nel lavoro d'équipe e nelle reciproche dinamiche di status e di potere. Il quadro che emerge è complesso e indica un sapere antropologico ancora diviso tra burocrazia e nuovo impegno militante, spesso troppo ideologico; vengono indicate alcune prospettive metodologiche e operative per coniugare la ricerca per/sui rifugiati.