Alla fine della Prima guerra mondiale, dopo l'annessione delle regioni di Transilvania, Bucovina e Bessarabia, la Romania raddoppiò il proprio territorio e di conseguenza dovette far fronte alle popolazioni non romene - nuove minoranze etniche e religiose - che erano state incluse all'interno dei suoi confini. Per "nazionalizzare" la Grande Romania, la classe dirigente romena fece ricorso a politiche di accentramento, mettendo da parte le richieste di autonomia regionale che avevano costituito una parte importante dei programmi dei movimenti nazionali di Transilvania e Bessarabia. Nel frattempo, la Grande Romania poteva contare sul sostegno delle potenze occidentali, in qualità di baluardo contro il comunismo ungherese e il bolscevismo russo nell'Europa centrale e sud-orientale.