Questo articolo esamina l'intreccio fra identità e scrittura nel romanzo nabokoviano The Real Life of Sebastian Knight (1941) da una prospettiva psicoanalitica, seguendo in particolare l'insegnamento di Freud e Lacan sul concetto di desiderio, significante e sublimazione artistica. L'attenzione principale sarà dedicata al rapporto tra i fratellastri, V. (il narratore) e Sebastian. Dopo aver dimostrato che Sebastian Knight ha assunto il ruolo di oggetto del desiderio per chi lo ha conosciuto intimamente (soprattutto V.), muovendo i personaggi secondo ciascun modo d'essere, si passerà al trauma della sua morte e all'elaborazione del lutto da parte del narratore, grazie alla creazione letteraria (la biografia fittizia che leggiamo); il paragrafo conclusivo analizza i cosiddetti ʻinganniʼ del significante, episodi chiave in cui il narratore prende contatto con la verità del desiderio. Dato l'ineludibile interrogativo sulla paternità fittizia della Real Life (se l'autore fosse Sebastian Knight?) e la questione del ʻtocco artisticoʼ di V., in questa argomentazione non verranno trascurati gli aspetti metaletterari dell'opera.