L’ordinanza n. 132/2020, con la quale i Giudici di Palazzo della Consulta hanno
nuovamente fatto ricorso alla tecnica dell’incostituzionalità accertata ma non dichiarata,
inaugurata con il caso “Cappato”, offre uno spunto per una riflessione sulla delicata
materia dei rapporti tra libertà d’espressione, prevista dall’art. 21 della Costituzione, ed il
reato di diffamazione a mezzo stampa. Nel lavoro si muove dal presupposto, tratto dalla
giurisprudenza tanto costituzionale quanto convenzionale, dell’improcrastinabile esigenza
di ripensare l’ormai anacronistico bilanciamento tra libertà di manifestazione del pensiero
e tutela della reputazione personale. Proseguendo lungo tale direttrice, si analizza proprio
la summenzionata ordinanza n. 132/2020, per tentare di capire se la soluzione
preconizzata con la discussa e divisiva ordinanza “Cappato” costituisca la genesi di un
innovativo modulo decisorio, ovvero se rappresenti una sorta di ius singulare legato a
doppio filo alle esigenze contingenti che l’hanno generata.