Al termine di un progetto di ricerca-azione qualitativa contro la dispersione scolastica condotto per quattro anni in alcune scuole secondarie di primo e secondo grado con forte presenza di studenti/sse con esperienze migratorie, il focus posto sul dropout e abbandono scolastico fa emergere la mancata costruzione di una classe intesa come comunità di condivisione di pratiche e politiche scolastiche, sia nella componente straniera che in quella italiana. Se per i migranti la fuoriuscita dalla scuola è imputabile a meccanismi di labelling, espulsione sociale ed emarginazione per concomitanti fattori socio-economici, per gli studenti prevalentemente italiani presenti nelle scuole più quotate nel ranking l’abbandono e il disagio è connesso invece con la forte competizione e l’ansia da performance individuale. La comparazione di quanto emerge dai questionari e dall’osservazione partecipante in entrambi i casi attribuisce alla percezione di sentirsi “fuori-classe”, non facente parte di una comunità di apprendimento inclusiva fra le motivazioni di ritardo e dropout. Pur aumentando il divario tra classi socio-economiche, la scuola produce letteralmente dei meccanismi di rigetto e/o di espulsione sociale sia quando applica schemi cognitivi di labelling separato per i migranti, sia quando imposta obiettivi performativi basati sul ranking, anziché sulla comunità degli studenti che compone la classe reale assieme agli insegnanti.