Può apparire improprio parlare di “invenzione della tradizione” in relazione a Le Corbusier, un maestro considerato un campione della modernità, che tenderemmo a collocare sotto il sigillo dell’innovazione, dunque dell’invenzione, piuttosto che sotto quello della tradizione.
In realtà, anche nei manifesti degli anni ’20, provocatori e dirompenti rispetto alla tradizione, la modernità mantiene sempre una distanza misurabile dai riferimenti accanto a cui è posta, in opposizione ma, più che altro, in un processo che si potrebbe definire di reinvenzione. Invenzione, nella sua etimologia (da invenire, trovare) contiene il significato di imbattersi
in qualcosa che già esiste. L’accezione del termine si è poi spostata sulla novità, per cui qualcosa che già c’è viene “scoperto” mentre viene “inventato” ciò che è completamente nuovo. Dunque, nella sua origine, “inventare” non è così lontano da “tramandare”, che è il trovare e trasmettere in avanti: la tradizione fa rivivere nuovamente ciò che è stato già fatto. Ciò che per eccellenza si tramanda è il mito: una materia che ogni autore reinventa, per farne tragedia, commedia, poesia. Le Corbusier, come artista figurativo e come “uomo di lettere”, come chiese di essere definito nei documenti di identità, è uno dei “reinventori” del mito.