A differenza dell’animale, scrive il giovane Anders, l’uomo è essenzialmente separato dal proprio ambiente, che per lui è il mondo, ed è perciò libero. A questa prima distanza, Anders ne affiancherà progressivamente un’altra, ben più inquietante, che separa l’umano dal proprio agire e che con ciò dà vita a quello sviluppo deterministico e sovrastante della tecnica che, a suo giudizio, condurrà all’annientamento atomico. Eppure lo stesso luogo da cui proviene la voce allarmata e inesorabile di Anders può indicare lo spazio «politico» di un agire ancora in grado di alimentarsi di quella stessa libertà che, da giovane, egli stesso aveva definito «patologica».