Il saggio affronta alcune tematiche relative alla sinergia tra l’arte figurativa e la
cantieristica navale, un binomio che attraversa l’intera storia delle grandi navi
passeggeri impegnate sulle rotte oceaniche. In particolare vengono analizzati i
motivi per cui nella decorazione di quelle navi i motivi marini sono stati per molto
tempo trascurati. Dagli inizi del Novecento fino alla fine degli anni venti infatti
le classi di lusso delle navi di linea erano assimilate ai grandi palazzi di rappresentanza,
e come tali dovevano per quanto possibile far dimenticare i disagi dei
lunghi viaggi oceanici. Il progressivo affermarsi delle tendenze funzionaliste in architettura e il fatto che le grandi navi diventeranno ideali ‘ambasciatrici’ delle
rispettive industrie nazionali, farà sì che a partire dagli anni trenta gli interni dei
transatlantici vengano progettati anche in funzione dell’ambiente circostante,
aprendo sempre più verso l’esterno gli spazi comuni anche con l’inserimento di
decori che richiamassero il mare e il viaggio. In questo campo nel secondo dopoguerra
avrà un ruolo di particolare rilievo la cantieristica italiana e in particolare
quella della Venezia Giulia, in grado di fornire architetti e artisti capaci di trasformare
le nuove imbarcazioni in vere e proprie gallerie d’arte galleggianti.