La decisione oggetto di questo commento stabilisce la manifesta infondatezza della q.l.c. concernente
il novellato art.380bis c.p.c., relativo al procedimento cameraleche si svolge davanti alla VI Sez.
della S.C. Si è più in particolare esclusa la violazione del principio di pubblicità delle udienze
riconosciuto dall’art. 6 CEDU, invocando la giurisprudenza della Corte di Strasburgo che ha negato
l’operatività di tale principio nei giudizi di impugnazione che riguardano soltanto questioni di diritto e
hanno “alle loro spalle” uno o più gradi di merito, in cui è stato garantito il diritto delle parti alla pubblica
udienza.L’A. ripercorre la giurisprudenza della CorteEDUin materiaeritienechela pronuncianeabbia
fatto corretta applicazione, giustamente escludendo la violazione dell’art. 6CEDU(e, di conseguenza,
dell’art. 117, comma 1, Cost.). L’A. osserva tuttavia che il vaglio circa la costituzionalità del nuovo
procedimento camerale di cassazione deve essere compiuto anche alla stregua della garanzia interna
della pubblicità delle udienze, fondata sull’art. 101, comma 1, Cost., che permette al legislatore di
prevedere, nel campo dei giudizi non penali, dei riti chiusi al pubblico solo in ordine a «singole
categorie di procedimenti», per ragioni obiettive e razionali. La verifica di conformità all’art. 101,
comma 1, Cost. ha un esito diverso rispetto all’art. 380 bis c.p.c., relativo al procedimento camerale
davanti alla sesta sezione, e all’art. 380 bis.1 c.p.c., che disciplina il rito camerale innanzi alle altre
sezioni semplici. La prima norma deve ritenersi costituzionalmente legittima poiché esclude la
pubblica udienza solo con riguardo a «singole categorie di procedimenti»; contraria è la conclusione
da attingere in ordine alla seconda norma, che non stabilisce una mera eccezione al principio di
pubblicità delle udienze, ma pone invece una regola di non pubblicità dei giudizi che si svolgono
dinanzi alle sezioni semplici della S.C., violando così l’art. 101, comma 1, Cost.