Per la XII edizione della Triennale del 1960, Carlo Scarpa viene incaricato di allestire la mostra commemorativa di Frank Lloyd Wright, scomparso l’anno precedente. Nonostante i materiali da esporre siano soprattutto riproduzioni di disegni, l’architetto riesce a costruire uno spazio di eccezionale eloquenza grazie al magistrale impiego di velari, che definiscono astratte sequenze di volumi. Volumi che sembrano portare, a scala architettonica, composizioni certamente familiari a Scarpa, come ad esempio le “costruzioni lineari” Naum Gabo e soprattutto le “superfici sviluppabili” di Anton Pevsner. A rivelare quale sia il suo debito nei confronti dell’arte astratta nella costruzione dell’allestimento milanese sono soprattutto i disegni di studio, dove i riferimenti all’opera di Mondrian, Calder, Lucio Fontana diventano concreti. Una consuetudine per l’architetto, che trova nel fruttuoso sodalizio con le arti la chiave per sviluppare ogni suo processo creativo.