Di rilievo per il tema è l’esperienza friulana di Pier Paolo Pasolini, che alla base della sua poesia colloca la lettura dei provenzali, per sottolineare poi un legame ideale con le piccole patrie romanze. Pasolini postula per i suoi versi, che propongono ricalchi precisi degli schemi metrici dei trovatori, un richiamo alle deboli tracce di cultura provenzale nel Friuli delle origini. Il contributo individua tre momenti. Il Duecento conserva due compianti anonimi in provenzale, ma è verosimile la circolazione di un canzoniere (vicino ai canzonieri I e K), di cui resta solo una pergamena con versi di Bernart di Ventadorn, impiegata come copertina di quaderno. Nel Settecento Giusto Fontanini rielabora la teoria della “romana lingua”, teoria già messa a punto nella Francia del secolo precedente, e adottata poi con varia fortuna nell’Ottocento (fino a Ippolito Nievo e oltre). La “romana lingua” rappresenterebbe una fase unitaria nell’impero carolingio non germanico, distinta dal latino ant
