La Costituzione italiana richiama ciascun cittadino ai propri «doveri inderogabili di solidarietà», suggerendo che quest’ultima sia un presupposto della vita civile, una condizione da cui discendono degli impegni di mutuo aiuto a cui è possibile dare risposta organizzata anche – e forse soprattutto – in modo liberale, specie attraverso gli enti del terzo settore. Eppure, le pratiche di solidarietà coinvolgono attivamente solo una bassa percentuale dei cittadini, e il termine stesso nel linguaggio comune sembra descrivere l’impegno specifico di pochi per pochi, e non un dovere, ancorché morale, di tutti verso tutti. Come è possibile leggere questo slittamento di significato? In che senso la solidarietà rappresenta un presupposto della vita civile? Qual è il suo rapporto con la rigenerazione della coesione sociale? Perché l’adempimento dei doveri di solidarietà appare spesso così difficile da ottenere diffusamente? Il saggio affronta questi interrogativi utilizzando come chiavi di lettura due noti “paradossi” relativi alle dinamiche dell’impegno civile nelle società di matrice democratico liberale.