Negli ultimi decenni il Mediterraneo è stato progressivamente trasformato in una frontiera liquida, uno spazio in cui le tecnologie di governo della mobilità si imprimono violentemente sui corpi di coloro i quali cercano di raggiungere l’Europa. Nonostante la rappresentazione di flussi ed eventi migratori rappresenti una sfida per la cartografia e la sua geometria statica di confine, numerosi sono i tentativi recenti di utilizzo del linguaggio cartografico per rappresentare quel che accade alle frontiere meridionali d’Europa, specie nell’ambito della cartografia critica e radicale. Questo intervento si propone di esplorare la relazione fra eventi migratori e pratiche di (counter-)mapping attraverso la comparazione di tre differenti cartografie della frontiera mediterranea. Nel contributo qui presentato indagheremo quali sono i limiti e le possibilità della cartografia nella rappresentazione del territorio, dei confini e della mobilità, nel tentativo di comprendere quali strade si aprono per una rappresentazione dello spazio relazionale e vissuto che non sia statica e legata a una divisione a griglia dello spazio.