Con la sentenza n. 25169/2019 la Suprema Corte affronta il tema delle tutele apprestate
dal nostro ordinamento in favore dei lavoratori coinvolti in fenomeni interpositori (irregolari o illeciti)
all’interno della Pubblica Amministrazione, ribadendo il principio di non trasformabilità della prestazione
di fatto in rapporto di pubblico impiego in assenza di procedura concorsuale, anche nel
caso in cui l’accesso ai pubblici uffici possa avvenire mediante avviamento a selezione da parte dei
centri per l’impiego. Ne consegue che, in simili ipotesi, i lavoratori possono rivendicare, oltre al
risarcimento del danno previsto dall’art. 36, c. 5, d.lgs. n. 165/2001, anche l’applicazione dell’art.
2126 c.c. per vedersi riconoscere le differenze retributive tra quanto spettante (ove assunti direttamente
dalla P.A.) e quanto percepito dal datore di lavoro formale, nel rispetto degli oneri probatori
incombenti sulle parti, stante la diversa natura delle due azioni.