Quella che Sloterdijk stesso definisce una prossimità ontologica tra l’uomo e l’animale proverrebbe da una sorta di inclusione attraverso la quale l’animale viene accolto all’interno della comunità umana; ma Heidegger sembra affermare che proprio attraverso l’esclusione dalla parola, dal linguaggio, dall’aperto, l’animale ha la possibilità di custodire in sé il proprio tratto essenziale e non riconducibile all'umano, al riparo da ogni antropomorfizzazione, da ogni riduzione del vivente a dimensioni biologiche o psicologiche, scientificamente definite ma essenzialmente mancate; tale tratto essenziale si colloca su un piano di così radicale alterità rispetto all’uomo, da manifestarsi esclusivamente in quanto enigma.