L’acquacoltura è già un’attività che si caratterizza per l’ottima conversione di materie prime in proteine di alta qualità e molti sforzi sono stati intrapresi negli ultimi decenni per rendere questa attività produttiva ancora più sostenibile. L’impiego di risorse naturali quali farine e/o oli di pesce nei mangimi è stato drasticamente ridimensionato e sostituito da un maggior impiego di ingredienti di origine vegetale; tuttavia esistono ancora delle ampie opportunità per ancor meglio coniugare la sostenibilità dell’attività produttiva e la garanzia di qualità del prodotto per il consumatore. Una di queste è rappresentata dall’impiego delle microalghe quali ingredienti alternativi nei mangimi impiegati in acquacoltura. Le biomasse di microalghe rappresentano un potenziale ingrediente che si caratterizza per l’elevata sostenibilità e l’elevato valore nutrizione sia in termini di contenuto proteico e lipidico che in termini di qualità dell’apporto di acidi grassi ω-3 a lunga catena.
Le ricerche condotte negli ultimi anni in collaborazione tra l’ Istituto per lo Studio degli Ecosistemi del CNR di Firenze, il Dipartimento di Biotecnologie Agrarie dell’Università di Firenze e il Dipartimento di Scienze degli Alimenti dell’Università di Udine hanno voluto saggiare su scala pilota l’effetto di mangimi in cui le microalghe erano incluse a livelli diversi in sostituzione della farina e dell’olio di pesce sulle performance produttive e sulla qualità della porzione edule delle spigole in condizioni controllate di allevamento. I risultati sono stati molto incoraggianti. L’inclusione di opportune combinazioni di diverse specie di microalghe ha infatti consentito la sostituzione di quote importanti di farina e/o olio di pesce nel mangime senza pregiudicare l’accrescimento degli animali nonché garantendo le sue ben note proprietà salutistiche.