Guido Somaré è attivo nell’ambiente milanese a partire dagli anni Cinquanta. Dopo gli esordì negli ambienti “informali” come pittore di materia e colore alla Morlotti, l’artista approda ad un linguaggio figurativo personale dalle suggestioni surrealiste. L’opera dell’Ateneo triestino esemplifica una tematica ricorrente nella produzione grafica dell’artista, in modo particolare, negli anni Sessanta: un’ambigua figura femminile nell’atto di compiere un gesto enigmatico. L’immagine è avvolta in un cono di luce ed è come bloccata, sospesa in un’atmosfera senza tempo. Una grafica ad alti livelli, quella di Somaré, di grande raffinatezza e suggestione emotiva. L’artista nel corso degli anni ha elaborato una poetica originale, squisitamente colta, e dal carattere evocativo, in sintonia con il fratello minore Sandro, insostituibile collega con cui condivide gli interessi e le amicizie. La pittura dei due, soprannominati scherzosamente “Dioscuri” si nutre dell’intenso clima culturale milanese degli anni Cinquanta e Sessanta, la più “europea” delle città italiane, crocevia delle molteplici ricerche artistiche di quegli anni. Vale la pena ricordare la famiglia d’origine di Guido. Il nonno materno era lo scapigliato Cesare Tallone. Il padre dei due fratelli era il critico d’arte, editore e gallerista Enrico Somaré. Anche lo zio Alberto fu un editore mentre il fratello di Guido, Sandro dopo aver tentato in modo rocambolesco la carriera di attore, finì per rientrare nella tradizione familiare e dedicarsi alla pittura. Nel 2006 Milano ha dedicato ai due fratelli un’esposizione antologica (Guido e Sandro Somaré. Distanza e prossimità, catalogo della mostra, a cura di N. Pallini, Milano, Mazzotta, 2006).