L’autrice affronta, con un taglio sociologico, tanto la
questione delle caratteristiche sociopolitiche dell’URSS e dei suoi Paesi satelliti, quanto quella del ruolo dell’opposizione che, dopo aver provocato la caduta dei regimi comunisti ed
aver cercato di dare vita a sistemi democratici, è progressivamente diventata sempre meno popolare.
Fin dagli accordi di Yalta (1945), l’URSS ha tentato di sottoporre l’Europa centro-orientale ad un processo di «de-europeizzazione», di cancellazione della sua identità europea sul piano storico, politico, culturale e religioso (p. 232). L’URSS, rifiutando «qualsiasi elemento della civilizzazione europea» (p. 233) e costringendo i Paesi satelliti a fare altrettanto, ha costruito un sistema caratterizzato da una chiusura forzata nei confronti dell’Occidente, del suo
sistema economico e dei suoi valori etici, culturali, antropologici. La de-europeizzazione, però, è fallita, poiché i Paesi del blocco sovietico hanno saputo mantenere la propria
«profonda coscienza europea» (p. 232), senza per ciò rinunciare alla ricerca di un’identità anche nazionale .