La Sicilia centro meridionale è caratterizzata da grandi
affioramenti della serie gessoso-solfifera: le acque superficiali
penetrano all’interno della roccia granulare, variamente
fessurata, inabissandosi nei meandri sotterranei
derivanti dalla dissoluzione dei gessi. Molte di queste cavità
conservano tracce di frequentazione in età preistorica.
Nell’ambito di un progetto di censimento delle grotte del
territorio agrigentino sono state esplorate oltre quaranta
cavità con tracce più o meno evidenti di frequentazione in
età preistorica (dal Neolitico al Bronzo recente) che si aggiungono
a quelle note in letteratura, come le grotte Infame
Diavolo, Zubbia, Ticchiara, Acqua Fitusa, Kronio, ecc.
L’esplorazione e lo studio ancora in corso ha permesso di
evidenziare alcune costanti: la presenza dell’acqua, nella
forma dello stillicidio che porta alle formazioni di stalattiti e
stalagmiti, di fiumi e laghetti o anche nella forma vaporosa;
la localizzazione in posti sotterranei e nascosti, la difficoltà
di accesso, la mancanza assoluta di fonti luminose, la
deposizione di vasellame di buona qualità e la presenza di
sepolture, sono stati identificati quali indizi dell’uso cultuale
delle grotte, in quanto manifestazioni che esulano dal
quotidiano e dal funzionale.
Molte grotte sono collegate a fenomeni endogeni cosiddetti
pseudovulcanici, come la risorgenza di oli bituminosi
nella grotta Bonura, di acque sulfuree, come nella grotta
dell’Acqua Fitusa o la presenza di vapori di aria calda documentata
in alcune grotte del territorio di Casteltermini
e nella grotta del Kronio, dove il potente termalismo non
sembra lasciare dubbi sulla frequentazione di tipo rituale.