Dell’applicazione del rimedio risarcitorio in caso di lesione di diritti soggettivi relativi (diritti di credito) orami non si dubita più. Non sempre però è stato cosi. Per un lungo periodo di tempo, la dottrina civilistica, pur se con qualche significativa eccezione, ha osteggiato l’applicazione delle regole di responsabilità civile extracontrattuale in caso di lesione di un diritto di credito, facendo leva su una pluralità di argomentazioni.
Basta ricordare la catalogazione dell’art. 2043 come norma secondaria e meramente sanzionatoria di precetti autonomamente fissati dall’ordinamento, e dunque l’inidoneità dell’articolo appena citato ad essere impiegato quale
fondamento per la legittimazione del creditore ad esigere il risarcimento per il danno prodottogli dal terzo.
Al superamento del tradizionale diniego opposto alla tutela aquiliana dei diritti di credito si giunse per tappe. I passaggi sono noti: pochi cenni bastano per ricapitolarli.
Va anzitutto ricordato che, nell’ambito del dibattito sugli aspetti dogmatici della questione, si affinano le critiche al principio inteso a considerare soltanto la lesione di diritti soggettivi assoluti suscettibile di attivare le istanze di tutela aquiliana gli studi di più di un autore finiscono per sfociare in una nozione di “ingiustizia” del danno capace di comprendere anche la lesione del diritto di credito.