La consapevolezza che i quartieri di edilizia pubblica possano configurarsi come il perno di processi di rigenerazione di più ampi settori della città contemporanea da alcuni anni orienta la riflessione teorica e operativa di un gruppo di ricercatori della Facoltà di Architettura e del Dipartimento di Progettazione Architettonica e Urbana di Trieste. Una riflessione in cui le ragioni della storia e del progetto si sono alimentate reciprocamente.
Indagare le sperimentazioni sullo spazio abitabile che, nel corso del Novecento, hanno guidato la costruzione di queste parti consistenti di “città pubblica” ha infatti portato non solo a ragionare criticamente sugli esiti al suolo di politiche originariamente rivolte a dare forma a una città in espansione, a dotare i territori urbani di nuove attrezzature e servizi, a fornire – attraverso la casa e gli spazi collettivi che ne costituiscono i “prolungamenti esterni” – risposte pubbliche a istanze di benessere sociale. Ha anche consentito di ricostruire i cambiamenti intervenuti nel tempo negli assetti fisici, nel quadro degli attori e dei destinatari, nelle domande di edilizia sociale, e quindi di delineare le condizioni con cui gli scenari di trasformazione di questo rilevante patrimonio sono oggi chiamati concretamente a confrontarsi.
Scenari che, lasciandosi alle spalle i molti pregiudizi sui quartieri per apprezzarne qualità e mutate relazioni con il contesto, siano in grado di cogliere la natura multidimensionale dei problemi che affliggono la città pubblica ma, soprattutto, di valorizzare le risorse materiali e immateriali che essa può offrire al progetto di riqualificazione. Un progetto che, come ha dimostrato il Programma di ricerca di interesse nazionale La “città pubblica” come laboratorio di progettualità. Linee guida per la riqualificazione sostenibile delle periferie urbane, può qui trovare un’importante occasione per sperimentare inedite sinergie tra diversi temi e ambiti di intervento.
