Nella prima metà del Novecento, Bergamo e Brescia sono teatro di due importanti interventi di trasformazione urbana. In queste due centri, a distanza di venti anni, si demoliscono due grandi aree della città esistente per sostituirle con due nuove scene urbane. Sono opere locali, ma che assumono una rilevanza nazionale.
Sono interventi fondativi, che ambiscono a creare due nuove e diverse immagini di città. Sono immagini rappresentative di un nuovo potere politico ed economico emergente; modello architettonico da replicare altrove; testimonianze durature da affidare ai posteri.
L’architetto è lo stesso: è il romano Marcello Piacentini, di gran lunga la figura che nel corso del Novecento meglio incarna il rapporto tra architettura e potere. A Bergamo si presenta che è ancora uno studente, a Brescia viene chiamato perché è una celebrità. I progetti di Piacentini sono il filo rosso di questa narrazione.