Mutuate dall’eredità foucaultiana e dagli studi culturali sulla governamentalità, le nozioni di “cultura utile” e “cinema utile” hanno trainato un’ormai consistente rivalutazione del patrimonio filmico industriale. L’articolo si propone di storicizzare il concetto stesso di utilità attraverso uno sguardo ravvicinato alle strategie retoriche e alle conformazioni discorsive che, dal
secondo dopoguerra in avanti, hanno promosso e accompagnato l’introduzione del medium cinematografico nei circuiti aziendali e nellle organizzazioni lavorative italiane. Il primo paragrafo ricostruisce l’idea di utilità del cinema quale strumento di formazione e informazione collettiva così come è andata consolidandosi nelle scienze sociali e nel dibattito filmologico tra il
1949 e il 1959; nel secondo paragrafo si ripercorre l’istituzionalizzazione della “cinematografia specializzata”, e in particolare di quella industriale, attraverso la voce di studiosi e operatori che ne hanno commentato l’ascesa e il declino fino ai
primi anni Settanta, ravvisando ulteriori accezioni di “utilità cinematografica” – intesa ora come funzionalità del mezzo all’organizzazione del lavoro, ora come possibile vantaggio reputazionale per l'immagine pubblica delle aziende committenti.