L’evoluzione biologica s’intreccia con l’evoluzione culturale (oggi soprattutto
tecnologica), i cui meccanismi sono in parte lamarckiani, dando luogo a un’evoluzione bioculturale.
Da sempre l’uomo costruisce strumenti con cui modificare e conoscere l’ambiente, e
gli strumenti a loro volta retroagiscono sull’uomo, trasformandolo in Homo technologicus,
un simbionte ibrido di biologia e tecnologia. Oggi questa trasformazione ha assunto carattere
intenzionale e deliberato e mira a due ordini di finalità: terapeutiche e migliorative, queste
ultime dirette a potenziare facoltà naturali o a generarne di inedite: e qui si apre lo scenario
del post-umano. Ma l’uomo è sempre stato post-umano, nel senso che si è sempre ibridato
con piante, animali, cibi, farmaci, droghe e , oggi, macchine; e aumentato e potenziato grazie
a pratiche artificiali. Questa visione continuista rende meno traumatico il concetto di postumano,
inserendolo in uno sviluppo evolutivo natural-culturale, ma conferisce all’uomo la
piena responsabilità della propria evoluzione, perché se è vero che l’uomo è sempre stato postumano
è anche vero che soltanto oggi se ne rende conto, grazie alla potenza e alla velocità dello
sviluppo tecnico. Tale nuova consapevolezza pone in tutta la sua drammaticità il problema
etico nel senso più ampio del termine, mentre i post-umanisti sono più interessati agli aspetti
migliorativi (specie delle capacità cognitive) che agli aspetti sociali ed etici.