L'intervento affronta il tema della mancata integrazione dei migranti nella scuola italiana, specie nella fase di uscita critica dalla pandemia del Covid-19 che ha aumentato il divario fra studenti italiani e quelli provenienti da contesti migratori. In una scuola italiana ancora fortemente ancorata su competenze linguistiche e nazionalistiche con scarse aperture interdisciplinari e transculturali, il meccanismo di categorizzazione burocratica crea tassonomie linguistiche e processi di labelling che sottolineano la diversità, la deviazione dalla norma standard con l’apparente obiettivo di uniformarla, ma col risultato finale di produrre ulteriore marginalizzazione nelle prassi scolastiche. Una folta letteratura interdisciplinare sottolinea che sono proprio i figli della migrazione i più esposti al rischio di insuccesso ed espulsione scolastica, non tanto per la diversità linguistica e culturale in sé, ma per la precarietà socio-economica e il modo in cui tale differenza viene trattata in una scuola dove il mito del merito come principio di giustizia diventa in realtà la legittimazione morale della disuguaglianza sociale.