L’articolo affronta il ruolo che le discipline umanistiche possono svolgere nell’odierna ricerca pedagogica nei/sui contesti educative eterogenei. In questa prospettiva l’autore si basa in particolare sulle ricerche sviluppate nell’ambito di quegli studi postcoloniali che affrontano criticamente i rischi degli approcci culturalisti in ambito educativo. Dopo aver presentato alcune delle questioni emergenti che caratterizzano oggi i contesti educativi eterogenei nel contesto italiano, l’articolo avanza alcune prime ipotesi su come una prospettiva critica postcoloniale potrebbe contribuire a superare due delle difficoltà che – come ha osservato Christine Sleeter (2010, p. 117) – devono essere affrontate nella formazione di insegnanti che opereranno in scuole e comunità eterogenee: il problema dei rischi di un approccio essenzialista verso l’appartenenza socioculturale degli alunni, e l'importanza per un insegnante di analizzare il proprio insegnamento come «costruito culturalmente». In questa prospettiva l’autore richiama alcune proposte tratte dall’opera di Edward Said e di Gayatri Chakravorty Spivak, due autori le cui riflessioni hanno svolto un ruolo importante nello sviluppo del campo della ricerca pedagogica in prospettiva postcoloniale. L’articolo sottolinea come le riflessioni di Said e Spivak ci invitino a riposizionare le discipline umanistiche al centro della ricerca pedagogica, in particolare nella formazione di insegnanti che lavoreranno nei contesti educativi eterogenei. Seguendo la prospettiva di Said (2004), le discipline umanistiche potrebbero promuovere un atteggiamento critico e autocritico degli insegnanti nei confronti dei loro assunti e delle loro pratiche, Spivak, dall’altro lato, evidenzia come la pratica delle discipline umanistiche possa aiutare gli insegnanti nell'esercitarsi a «imparare dal basso» (Spivak, 2012).