Lo studio diacronico della relazione tra la pratica di scrittura e l'autobiografia mette in luce le complesse strategie utilizzate da Raymond Queneau nel corso della carriera. Ne emerge una concezione originale della creazione poetica che lo scrittore considerava, sulla scia di Flaubert, come un'impresa di eliminazione delle tracce dell'io. Rifiutando la scrittura come mezzo per esprimere con sincerità l'io, Queneau afferma un'estetica della forma dove al soggetto autobiografico si sostituisce l'autore, nel senso che l'Oulipo ha dato al termine. La sua opera, sfuggendo alle definizioni generiche proposte da Philippe Lejeune, apre la via, quindi all'autobiografia di stampo oulipiano, praticata da Calvino, Perec e Roubaud, per esempio, e caratterizzata dall'astrazione e dal ricorso alla "contrainte" oggettivante.