Nel 1962 Venedikt Erofeev scrive "La buona novella", un abbozzo in prosa ritmica che racconta il viaggio visionario di un misterioso io narrante. L’assenza dell’autografo originale, il caotico mosaico dei testimoni che ne tramandano alcuni frammenti e l’immaturità artistica di un esperimento giovanile non rifinito hanno portato la critica a trascurare questo testo; esso costituisce tuttavia una tappa rilevante nel laboratorio creativo del giovane Erofeev, in cui prendono forma lingua e stile caratteristici dello scrittore. In un percorso finora poco esplorato, nel volume Alice Bravin descrive l’atmosfera in cui nasce "La buona novella", ne ricostruisce le vicende redazionali ed editoriali e propone una nuova redazione dell’opera, corredata dalla traduzione italiana. Lo studio, arricchito dall’indagine della dimensione spazio-temporale, dei principali motivi tematici e dell’apparato formale del testo, offre una nuova prospettiva per comprendere l’evoluzione della poetica di uno tra gli autori più significativi del Novecento russo.