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“Clerici vagantes”, ovvero il coraggio della libertà e il piacere della curiosità

Salimbeni, Fulvio
•
Dalafi, R. Hassan
•
Vitale, Alessandro
•
Ovadia, Moni
2020
  • Controlled Vocabulary...

Abstract
La Tavola Rotonda mette a confronto alcuni aspetti dei “clerici vagantes”, interpretati come intellettuali ma anche come espressione di una cultura dell’apertura all’e-sterno e quindi come rifiuto della chiusura al nazionalismo e alla patria. Ciò viene sviluppato da quattro autori secondo modalità specifiche. Fulvio Salimbeni definisce e interpreta i “cle-rici vagantes” come fenomeno dell’Europa medievale di intellettuali (studenti universitari e professori) che passano per le tante istituzioni universitarie, dando luogo a una nuova cultura fondata sugli incontri tra il portatore di differenti carismi ed elaborata dalla scoperta e dalla sintesi tra lingue e culture (latina, greca, araba, ebraica). L’autore d’altro canto sottolinea la ricchezza dagli apporti dal Medioevo che verrà chiuso dalla successiva modernità plasmata dalla chiusura nel nazionalismo e dall’enfasi sulla patria nei secoli dal Seicento in poi. L’autore sottolinea la possibilità della ripresa dallo spirito di apertura nei tempi attuali con la circolazione europea e mondiale di studenti e professori che favoriscono il dialogo (Programmi Socrates ed Erasmus). Hassan Dalafi evidenzia il ruolo degli intellettuali nel mondo arabo-persiano fino al Trecento. Questi diffondono una circolazione di studenti e professori per le Madrase e per le tante corti di regnanti. Con ciò svolgendo due ruoli di formazione delle nuove classi di intellettuali e di formazione delle classi dominanti nelle corti con raffinate “di-sputationes”. Alessandro Vitale sottolinea che la mobilità del pensiero richiede una capacità di essere liberi, e quindi di avere sviluppato il coraggio della liberta. E il “clericus vagans”, per essere tale, ha bisogno di libertà, ma vivere questa richiede quel coraggio che a volte non c’è, ed anzi la libertà fa paura, e ciò capita quando il nazionalismo cristallizza e istituzio-nalizza proprio questa paura della libertà. L’autore sviluppa tale dimensione prendendo in considerazione la situazione dell’uscita dal totalitarismo comunista dei paesi dell’est Europa che a cavallo del Ventesimo secolo e l’inizio del Ventunesimo secolo cercano di fare. L’autore problematizza questo discorso tra paura e coraggio della libertà di uscire dal totalitarismo a seconda che un paese l’abbia vissuto per un lungo periodo o per breve tempo. Moni Ovadia introduce il concetto di esilio per comprendere un’altra dimensione della libertà e del viaggio nella terra del pensiero ma anche nel viaggio nel deserto in cui i confini sono molto mobili. L’autore sviluppa tale discorso ricorrendo alla Bibbia e al dialogo di Abramo e il popolo ebreo con il Santo Benedetto (che è Dio per gli ebrei) che è sempre molto attento a dire che la “terra è mia”, e quindi affermando che la terra promessa non è la terra del nazionalismo (e della stabilità), ma questa terra promessa in realtà è la terra dello straniero, del pensiero, del viaggio, della libertà. Tale lettura del continuo viaggio lo ritroviamo nel Medioevo, sotto le diverse forme ed è comune all’intellettuale ebreo e dei “clerici vagantes”, ma anche in succes-sive epoche l’intellettuale ebreo vive l’esperienza della “glorificazione dell’esilio condiviso con altri popoli come gli armeni, i curdi, i palestinesi, e vi continua queste eredità del viaggio e del movimento”.
DOI
10.13137/1971-0720/31165
Soggetti
  • “Clerici vagantes”

  • intellettuali

  • Medioevo

  • Europa

  • mondo arabo-persiano

  • ebrei

  • paura della libertà

  • esilio

  • viaggio

  • circolazione

  • mobilità del pensiero...

  • nazionalismo

  • Clerici vagantes

  • intellectuals

  • Middle Ages

  • Europe

  • Arab-Persian world

  • Jews

  • fear of freedom

  • exile

  • travel

  • circulation

  • mobility of thought

  • nationalism

Visualizzazioni
4
Data di acquisizione
Apr 19, 2024
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